Resoconto del corso residenziale di Ebraico di Vicenza, giugno 2024

di Antonella Visintin

Il corso di ebraico biblico di Biblia condotto da Piero Capelli, ordinario di ebraico a Ca’ Foscari (Venezia), per un secondo anno si è dedicato ai Pirkè Avot, l'unico trattato nella Mishnah che, a differenza degli altri e del resto degli ordini che la compongono, non contiene norme legali ma solo detti sapienziali, aforismi che riguardano la giusta condotta etica e sociale e l'importanza di studiare la Torah. Siamo nel primo sviluppo dell’ebraismo rabbinico, il tempo dei tannaiti tra il 10-220 ev. (quello che ha prodotto la Mishnah).

Si ricorda che oggi il trattato viene generalmente studiato ogni Shabbat estivo, da Pesah (Pasqua) a Rosh haShana (Capodanno).

Nella lettura di Avot si intrecciano tre ordini di temi: la loro rilevanza e il loro status di verità, e la selezione dei saggi, dei padri attuata dal redattore di Avot.

Eredi del movimento farisaico, i rabbini del II secolo ev in Palestina ne condividono l’attesa escatologica della fine dei tempi in quanto l’universo, creato buono e perfetto, è stato corrotto dalle trasgressioni degli umani. Facendo un cattivo uso del libero arbitrio e commettendo peccati essi contribuiscono alla diffusione del male e per questo vengono chiamati alla responsabilità di ravvedersi, di riparare i danni e fare la volontà di Dio che per grazia ha dato la Torah a Mosè, scritta e orale. Lo studio di essa e della sapienza dei saggi dunque non è un esercizio di erudizione ma da un lato è parte di una pedagogia per ancorare la vita di ciascuno affinchè sia consacrata e dall’altro ha un riverbero collettivo ed escatologico.

Ripercorrendo la ricerca di Adiel Schremer (1) acquista un’ulteriore sfumatura il fatto che Avot non è una delle tante raccolte sapienziali ma ciascun detto è attribuito ad una scelta di saggi che si collocano in una catena di trasmissione.

In particolare in apertura (1,1-15) Avot rivendica la propria ispirazione mosaica e quindi rivelata ma il tema allora era controverso in Palestina. Dunque Avot sarebbe il manifesto di una parte del giudaismo rabbinico: diversi tra i saggi a cui si dà parola in Avot fanno parte di una corrente per di più minoritaria che discende da R Eliezer ben Hyrcanus (il discepolo più lodato di R Yochanan ben Zakkai), contrastata (in qualche caso fino alla scomunica) dal mainstream dei rabbini palestinesi del tempo.

R Eliezer ha una posizione definita tradizionalista: la sua visione halakica (e quindi quella di Avot) qualcuno sostiene che venga da R Shammai e riflette il suo investimento ideologico nello status sinaitico della tradizione rabbinica facendosi portatore del pensiero halachico pre rabbinico per il quale tutto ha origine divina, per cui lo sono tutti i dettagli e tutto ha lo stesso status vincolante, in contrasto con la rivoluzione halakica della generazione dei rabbi tannaiti che precede la distruzione del tempio la quale introduce una differenziazione tra l’insegnamento della Torah scritta e quella degli scribi/saggi, tra i pronunciamenti del Pentateuco e dei rabbi.

Essi hanno creato una gerarchia nel sistema halakico e riconosciuto come umano e controverso l’insegnamento rabbinico.  Per cercare di superare la difficoltà di attribuire una parola alla Torah o agli scribi, hanno fatto iniziare la propria genealogia con l’insegnamento delle scuole di Hillel e Shammai.

La turbolenza del confronto non ha impedito ad Avot di essere accolto nella Mishnah.

Il dettaglio e le risonanze di ogni aforisma dalla struttura tripartita letto nei capitoli 2 e 3 che hanno animato le giornate di studio a Vicenza costituiscono una esperienza che le proposte di Biblia spesso sanno creare.

Antonella Visintin Rotigni

(1) ADIEL SCHREMER, Avot Reconsidered: Rethinking Rabbinic Judaism, The Jewish Quarterly Review, Summer 2015, Vol. 105, No. 3 (Summer 2015), pp. 287-311 Published by: University of Pennsylvania Press

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